AL VASCELLO DI ROMA IL RITO DI INGMAR BERGMAN

Foto: scena dello spettacolo

Dal 21 al 26 gennaio dal martedì al venerdì h 21, sabato h 19 e domenica h17 andrà in scena IL RITO di Ingmar Bergman al Teatro Vascello di Roma (via Via Giacinto Carini 78 Monteverde). Lo spettacolo è tratto dall’omonimo film (in originale, Riten) scritto e diretto da Ingmar Bergman nel 1968 e uscito l’anno successivo, il primo da lui realizzato diretta- mente per la televisione, l’ultimo girato interamente in bianco e nero. Bergman cominciò a scrivere pensandolo come allestimento teatrale per il Dramaten di Stoccolma, incoraggiato dal favore di Erland Josephson, suo sodale e consigliere. Ma il regista-autore ci ripensò e lo dirottò verso una “partitura filmata per primi piani”. Il film è una sorta di cinema da camera, girato in interni con soli quattro personaggi, ed è incentrato sul rapporto, spesso conflittuale, tra autorità costituita e azione artistica.

Nello specifico, lo spettacolo è tratto dal testo originale integrale, da cui Bergman sviluppò in seguito la sceneggiatura, costituendosi, dunque, come una sorta di inedito.

Tre attori di teatro di varietà (i coniugi Hans e Thea, e Sebastian, amante della donna) sono stati denunciati per l’oscenità presunta di un numero del loro ultimo spettacolo. Un giudice incaricato, il Dott. Abrahmsson, li interroga per decretarne l’eventuale condanna. Dai colloqui con gli artisti in cui si scoprono soprattutto le ambigue articolazioni interpersonali, l’uomo non riesce a farsi una idea chiara della faccenda e finisce per assistere alla performance allestita nel suo stesso ufficio, con conseguenze fatali.

La performance dei tre artisti si rivela una sorta di rito dionisiaco dalle chiare valenze simboliche, in cui la forza della creazione artistica vince sui tentativi di censura e normalizzazione di una qualsivoglia autorità, politica o sociale. E per ciò, il rito si configura come una sorta di parodia delle Baccanti di Euripide, nel senso etimologico di una loro ricantazione entro parametri estetici e sociali contemporanei. Il giudice può corrispondere facilmente alla figura di Penteo, in aperta ostilità nei confronti dei tre artisti, dietro i quali si celano identità e funzioni da sacerdoti dionisiaci. Ma forse, nel finale, si paventa la presenza stessa del Dio, sotto le spoglie dell’eterno femminino, fascinoso e perturbante, di Thea.

Oltre la censura subita spesso da Bergman ai suoi tempi, ed oggi strisciante in maniera sempre meno latente tra le pieghe più varie del nostro vivere sociale, nel testo è centrale il tema della impossibilità di contenere la potenzialità destabilizzante dell’atto artistico, votato a stanare le verità dell’essere umano, a rischio anche della morte.

Si sviluppa in nove scene ambientate esclusivamente in interni. I rapporti tra i personaggi sono tesi e affilati e posseggono una forza interlocutoria che tiene desta l’attenzione fino all’inaspettato finale.

L’impianto scenico si presenta come una grande scatola bianca, indefinita, al centro della quale campeggia una piattaforma sospesa, su cui è allestito, in nero, l’ufficio del giudice Abrahmsson. L’uomo è rintanato lassù, rifugiato dal mondo, protetto dal suo abito istituzionale. Non osa, forse non può, o non sa, allontanarsi dal suo ambito. I tre artisti agiscono sul bianco ineffabile nelle loro intime relazioni, quando non interrogati dall’autorità del magistrato, che li accoglie, alternandoli, sulla piattaforma-ufficio. In realtà, il loro è una sorta di assedio volontario, di assalto all’istituzione, di contagio artaudiano con i germi della loro libertà artistica e del loro consapevole azzardo esistenziale.

Il rito, teatralmente, è soprattutto una partitura di parole e rapporti fisici tra i personaggi. La natura muscolare delle fisionomie al centro della vicenda ne fanno materia per un moderno kammerspiele. L’aggressività è evidente, nei confronti tra le parti, e risalta la scontrosità delle identità in gioco.

IL RITO

di Ingmar Bergman

traduzione di Gianluca Iumiento con

Alice Arcuri (Thea Winkelmann)

Giampiero Judica (Sebastian Fischer)

Alfonso Postiglione (Giudice Ernst Abrahmsson)

Antonio Zavatteri (Hans Winkelmann)

adattamento e regia Alfonso Postiglione

scene Roberto Crea

costumi Giuseppe Avallone

musiche Paolo Coletta

disegno luci Luigi Della Monica

partitura fisica Sara Lupoli

aiuto regia Serena Marziale

produzioneEnte Teatro Cronaca

Teatro di Napoli – Teatro Nazionale

Fondazione Campania dei Festival – Campania Teatro Festival

Durata 100’  

Trailer https://youtu.be/VJGDHVqaBd0 Elia Shilton nel ruolo del Giudice Abrahmsson, sarà sostituto da Alfonso Postiglione

foto e trailer Il rito • Ente Teatro Cronaca

—————————–

Info: 06 5881021 – 06 5898031

promozioneteatrovascello@gmail.compromozione@teatrovascello.it

Ufficio Stampa: Cristina D’Aquanno

Teatro Vascello Via Giacinto Carini 78 – Monteverde Roma

————————————————————————————