CANONE ANNUALE PER L’USO DELLE FREQUENZE TV
(è in arrivo un decreto ministeriale tampone)
I canoni per l’attività televisiva come definiti dalla legge 223/90 e dalla 488/99 sono definitivamente cessati. Pertanto, ai sensi della delibera 494/14/CONS, articolo 3, le modalità di pagamento dei contributi di cui all’articolo 35 del Codice delle Comunicazioni, a carico degli operatori di rete con decorrenza 1 gennaio 2014, saranno emesse dal Ministero dello Sviluppo Economico. Il Governo, per bocca del sottosegretario Antonello Giacomelli, si era impegnato ad intervenire con la modifica dei criteri per la determinazione dei canoni annuali con una legge primaria. In tale attesa, lo stesso Governo, aveva predisposto un emendamento alla legge di stabilità 2015 per prorogare il pagamento del canone annuale all’1% del fatturato, ma la Commissione Bilancio del Senato lo ha respinto in quanto ritenuto non coerente con la legge Passera-Monti del 2012 a cui la delibera AGCOM si è dovuta attenere. Insomma è il solito pastrocchio delle leggi italiane nelle quali si dice tutto e il contrario di tutto fino al punto da imballare il sistema burocratico e produttivo del Paese. In tutti i modi, alla data in cui scriviamo, risulta che sia stato predisposto un decreto interministeriale (Mise e Economia) in cui, in attesa di una legge primaria sui canoni, si dice che, entro il 31 gennaio 2015, gli operatori di rete dovranno pagare un acconto pari al 40% del canone versato il 2013. Il decreto è alla firma della Corte dei Conti e dovrebbe essere pubblicato in gazzetta entro il 20 gennaio 2015. Se ciò sarà confermato potremo tirare un sospiro di sollievo almeno fino a quando non saranno definiti equi criteri per la determinazione del calcolo dei canoni annuali per l’’uso delle frequenze. La REA ha avanzato una proposta di rimodulazione e compatibilizzazione delle tariffe con le reali possibilità di bilancio degli operatori di rete che consiste nel riunificare i tre oneri a carico dell’operatore di rete (contributi per l’uso della frequenza + diritti amministrativi + contributi per l’uso delle frequenze di collegamento) in un “contributo annuale unificato” calcolando € 0,00185 x abitante. In tal modo, l’operatore interregionale pagherebbe € 18.700/anno e l’operatore interprovinciale, con 2 milioni di abitanti, € 3.700/anno. Con tale proposta, i fornitori di contenuti, continueranno a pagare l’1% calcolato sul fatturato. L’anzidetta proposta è frutto di uno studio che i consulenti della REA hanno fatto esaminando attentamente, oltre alle esose cifre in se stesse previste dal Codice delle Comunicazioni, l’aspetto giuridico della questione. Infatti, accollando i contributi solo all’operatore di rete, questi non potrà che rivalersi sui fornitori di contenuti aumentandone le tariffe. Di fatto, l’operatore di rete, assumerebbe la figura di “sostituto d’imposta” cioè di esattore per conto dello Stato di un onere “nascosto”, contenuto nell’affitto della capacità trasmissiva. Se ne deduce che lo Stato lo rende garante dell’incasso dell’onere e ciò non è concepibile in quanto, oltretutto, di fronte alle eventuali insolvenze, l’operatore di rete dovrà accollarsi anche le spese del contenzioso senza alcuna possibilità di rivalsa anche nel caso estremo di disattivazione del servizio per morosità. Con la proposta della REA di prevedere il versamento di un contributo annuale unificato per gli operatori di rete e un contributo annuale percentuale sul fatturato per i fornitori di contenuti, di fronte alle insolvenze, ognuno risponderà per sé. La nostra è una proposta che vorremmo sia discussa in un confronto istituzionale franco, realistico e democratico.
More Stories
PROPOSTE REA AL GOVERNO MELONI
Giornata delle Radio Libere – 28 luglio 2022
FIRMA LA PETIZIONE