IL PIANO FREQUENZE REA PER RECUPERARE 1800 MILIONI DI EURO
(Piano Frequenze liberazione banda 700 Mhz – passaggio al T2)
PREMESSA
La proposta AGCOM di Ripianificazione conseguente al rilascio delle frequenze televisive della banda 700 per via dell’imminente passaggio al T2 non può essere avulsa dalla storia dello switc off italiano del 2009 che avremmo preferito fosse stato portato per mano durante il difficile percorso dell’evoluzione tecnologica, anziché averlo visto incautamente abbandonato nelle mani della lobby dell’elettronica di consumo e di quella di produzione delle reti. Un appuntamento così importante andava seguito, passo dopo passo, considerata la importante ricaduta che avrebbe avuto sulla società dell’informazione. La REA e il CRTL – Comitato Radio Televisivo Locale – ritengono che rispetto a tale argomento lo switch off al DVB-T, il cosiddetto T1, poteva essere saltato per rinviarlo al DVB- T2 cioè al nuovo standard europeo. Invece, così non è stato. Nel giro di pochissimi anni, l’utenza si troverà a dover subire un secondo switc off che comporta una nuova rottamazione dei televisori, dei decoder e il rifacimento dell’impianto dell’antenna ricevente, con esborso di danaro per le famiglie. Alcuni Operatori, ovviamente, dovranno traslocare su altri mux o rottamare. Tutto questo movimento può far pensare a un mercato dinamico in crescita. In realtà le nostre imprese non hanno nessun vantaggio, in quanto tutti i televisori con decoder integrati e i decoder nuovi vengono prodotti all’estero. Il Governo italiano ha solo fatto un grandissimo favore alle aziende asiatiche, dal Giappone alla Cina, e a quelle di Olanda, Stati Uniti e Germania. In pratica, ci viene data solamente una tecnologia nuovamente cambiata senza che le nostre aziende usufruiscano di nessun beneficio. Per la cronaca, ponemmo questo grosso interrogativo alla IX Commissione Trasporti, Poste, Telecomunicazioni della Camera nella audizione del 3 dicembre 2014 (Governo Renzi).
Con le citate considerazioni si vuole indurre l’AGCOM a ragionare diversamente dalla prima pianificazione impostata come un “travaso di risorse da una contenitore tecnologico ad un altro più evoluto” senza badare all’uso efficiente dello spettro e al migliore impiego possibile delle risorse disponibili. L’assegnazione delle frequenze secondo il concetto canale analogico = canale digitale, da sempre contestato dalla REA, è una testimonianza della disastrosa condizione dello spettro radiotelevisivo italiano e della crisi di centinaia di emittenti locali con la perdita di oltre duemila posti di lavoro. Pertanto, nel passaggio dalla tecnologia T1 al T2, si raccomanda, come la legge impone, di pianificare secondo la regola di assegnazione della “capacità trasmissiva” realmente necessaria per la diffusione dei programmi anziché secondo la concezione “canaleT1=canaleT2”
Ciò detto, un giudizio tecnico di merito sulla pianificazione non può prescindere dalla puntuale descrizione dei valori relativi ai livelli di emissione ERP. Con la nuova pianificazione del T2 non accada ciò che è accaduto con il T1 dove confrontando le ERP locali e nazionali risulta una emissione media per le locali di 30 dB inferiore. Non possiamo pensare che si possa ripetere questo disastro che ha portato agli spegnimenti forzati e delle forzate rottamazioni a carico dello Stato. Dobbiamo impedire che si facciano ulteriori gare e investimenti a vuoto. A tale scopo si invita AGCOM ad attivare altri tavoli come quello del 16 aprile 2018 per percorrere una strada che porti a soluzioni condivise e collaborative prima della stesura definitiva del Piano.
PNAF 2018 – CONSIDERAZIONI GENERALI
Le frequenze televisive disponibili sono 15 di cui un terzo, quindi 5, per legge, dovrà essere assegnato alle locali. Ma nella proposta AGCOM si leggono 4. E’ il solito balletto dei numeri per confondere, ancora una volta, le acque per agevolare le Reti nazionali? E’ lecito supporre che la 5a derivi dalla frequenza resa obbligatoriamente alla RAI? Se fosse affermativo non sarebbe rispettata la riserva di legge per le locali; con quella frequenza da condividere con la RAI in VHF si avrebbe una evidente discriminazione per la diversità di trattamento con le emittenti operanti in UHF. La scelta di “confinare” le emittenti locali sul Mux Rai è vistosamente dannosa e dirigistica.
Le frequenze debbono essere assegnate con criterio d’uso e non per accaparramento. Chi ha uno o piu mux (frequenze) non può pretendere di averne altri a prescindere dall’uso.
Si richiede di non procedere con assegnazioni gratuite di tutto il parco frequenze disponibili, ma lasciare frequenze da cedere a titolo oneroso per evitare accaparramenti e per permettere un corposo introito per lo Stato da cessioni. Considerando i dati forniti da AGCOM nella ipotesi di pianificazione abbiamo che ogni frequenza diffonderà 40 Mbit/sec. Con la compressione HEVC-H265 (obbligo sui televisori e decoder in commercio dal 2018) un programma SD impegna circa 0,8 Mbit/sec. Un programma in HD impegna 1,8 Mbit/s. Se ne ricava che ogni mux ha una capacità di diffusione di 50 programmi in SD e di 25 programmi in HD ben al di sopra delle necessità in termini di programmi diffusi al momento dai principali gruppi nazionali.
CESSIONE DELLE ULTERIORI FREQUENZE SU BASE ECONOMICA
Nella fase di avvio delle trasmissioni digitali, nei Paesi della UE, si è seguito una procedura opposta a quella Italiana. Le frequenze sono state concesse in base all’uso degli ex canali analogici nella logica di garantire il mantenimento del servizio e dei posti di lavoro. In questo modo rimasero frequenze, messe a gara economica con importanti introiti, disponibili per ulteriori soggetti nuovi entranti. La logica di non far pagare le frequenze (o capacità trasmissiva) alle nazionali va corretta. Ne consegue che una frequenza potrebbe essere attribuita senza costi fino alla concorrenza dell’uso effettivo della capacità trasmissiva Le eventuali ulteriori necessità andrebbero pagate in ragione importante. Si potrebbe ipotizzare il seguente schema:
RAI n. 1 mux in banda VHF (come da legge vigente salvo modifiche)
Mediaset n. 1 mux in banda UHF
Persidera n. 1 mux in banda UHF
Operatori minori (uniti) n. 1 mux in banda UHF
Locali n. 2 mux (tv+DAB)
Totale frequenze impiegate n. 6
Frequenze disponibili n. 15
Eccedenza n. 9 frequenze
Infatti delle 10 frequenze rese disponibili a termini di legge per le nazionali ne avanzano 6. Per le emittenti locali abbiamo uno schema similare, ma ne avanzano 3. In gran parte delle regioni bastano due sole frequenze per la tv + DAB per le esigenze di tutto il sistema, e se anche alcune emittenti volessero utilizzare il servizio in HD sembra impossibile che si superi la capacità di un mux per i canali operanti su singola regione. Si ritiene opportuno comunque ipotizzare l’assegnazione sulla base di una gara basata sull’uso effettivo della capacità trasmissiva, con un preaccordo d’uso per FMSA locali.
Facendo l’ipotesi di mettere all’asta le nove frequenze rimaste con una cifra annua di 20 milioni cadauna abbiamo un introito stimabile di 180 milioni annui per i 10 anni a seguire, e della probabile vita del servizio in DVB-T2, abbiamo una stima di introito nelle casse dello Stato di 1800 milioni di euro
PREVISIONI ASSEGNAZIONE LCN
Le previsioni della effettuazione di una nuova assegnazione di numeri LCN debbono essere applicate solo al momento dello switch – off al T2 e non prima al fine di scongiurare due o più risintonizzazioni estremamente dannose per il comparto locale. Quindi si chiede che, in caso di una nuova graduatoria, la stessa trovi applicazione non prima della transizione all’altra tecnologia T2.
ASSEGNAZIONE FREQUENZA RADIO DAB
E’ ormai noto che le reti DAB sono considerate un mezzo fallimento nelle varie nazioni Europee. Ne alcune forzature imminenti come in Svizzera e Norvegia risolveranno l’affermazione del DAB stante la rapidissima estensione della diffusione e ascolto della radio attraverso la rete anche nei mezzi mobili condivisa con le autoradio FM.
Una delle ragioni individuate del fallimento del DAB è che la pianificazione ha previsto una copertura con probabilità prossima al 100% solo in esterno (outdoor) e quindi una pessima ricezione dentro le case (indoor). In termini energetici ciò è dovuto alla pianificazione con potenze dell’ordine di un decimo rispetto al necessario per avere ricezione indoor.
Ciò ha qualificato il DAB un servizio da fruire in auto e poco più, scollegando lo stesso dalla visione Broadcast (per tutti) che di sua natura deve avere la RADIO. Evidentemente Agcom ha previsto un livello di campo talmente precario in vista di una possibile morte prenatale del DAB.
Inoltre si è riscontrata la presenza pianificata di un solo canale in alcune regioni. Naturalmente non possiamo ritenere che sia così; quindi è incompleta o errata? Quando gli altri blocchi saranno comunicati? Quelli presenti nella proposta di pianificazione non sono certamente solo per le locali, ma allora non si comprende cosa si voglia proporre.
Si ringrazia per l’attenzione. Cordiali saluti.
Roma, 16 aprile 2018
REA – Radiotelevisioni Europee Associate
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