Ministro Sviluppo Economico
Presidente Tavolo TV 4.0
On.le Luigi Di Maio
Egregio Presidente,
sicuramente è al corrente della gravissima crisi che attanaglia il settore radiotelevisivo locale per la quale stiamo assistendo alla morte lenta di centinaia di emittenti radio e televisioni senza che si riesca a intravedere una via d’uscita per la mancanza di attenzione della DGSCERP (Direzione Generale Servizi Comunicazione Elettronica Radiodiffusione e Postali) diretta dal Dott. Antonio Lirosi del quale chiediamo immediate dimissioni per i gravissimi irreparabili danni materiali e morali prodotti al settore televisivo locale conseguenti alla emanazione e applicazione del DPR 146/17 detto “Regolamento Contributi” in favore delle emittenti televisive e radiofoniche locali. Infatti la responsabilità di quel becero decreto, firmato da Gentiloni del passato Governo, è il massimo esponente dell’Amministrazione che non seppe indirizzare la parte politica del Ministero verso le giuste soluzioni per l’assegnazione delle risorse economiche dello Stato a sostegno del pluralismo informativo e la massima occupazione nel settore.
Le motivazioni sono di diversa natura e complessità. Ma a chi prospettarle se manca un valido interlocutore capace di ascolto per i necessari provvedimenti? Recentemente siamo stati proficuamente ascoltati dall’Autorità sulla ripianificazione delle frequenze televisive, conseguente al rilascio della banda V – UHF destinata alla telefonia mobile per il 5G, avvertendo nelle relazioni una timida ventata di aria fresca. Non siamo stati ascoltati dall’Amministrazione del Mise probabilmente per la nostra avversione alle politiche neoliberali dei precedenti Governi sfacciatamente tuttora portate avanti dall’Amministrazione di Viale America nel segno della continuità per l’accentramento dei mezzi di comunicazione radiotelevisiva, nonché delle erogazioni economiche destinate alle emittenti locali finite nelle casse dei noti gruppi lobbistici di riferimento mediante un Regolamento, definito “Ammazza Emittenti”, che ha prodotto l’arricchimento di una dozzina di televisioni contro la perdita di 2500 posti di lavoro e la prospettiva di chiusura di 400 tv e 800 radio locali.
A nulla valsero le osservazioni del Consiglio di Stato sull’allora emanando Regolamento in merito al numero elevato di dipendenti imposti per accedere ai contributi. La nota delConsiglio di Stato avvertiva : “I limiti numerici previsti, che non appaiono, invero, irrilevanti per le emittenti che operano su territori con un numero di abitanti non elevati, sembrerebbero peraltro poter anche favorire una eccessiva concentrazione delle risorse in favore di un numero eccessivamente limitato di emittenti, con un vantaggio per le strutture operanti in aree con maggiori concentrazione di popolazione e con il conseguente possibile pregiudizio del criterio volto a favorire la pluralità dell’informazione…” Il Consiglio di Stato, prosegue al punto 25) della relazione, affermando : “ …Inoltre la disposizione in esame, in combinato disposto con la previsione dettata dall’articolo 4, che consente l’ammissione al finanziamento in favore solo dei soggetti dotati di una struttura composta da un certo numero minimo di persone, potrebbe comportare l’assegnazione di risorse anche cospicue ad un numero eccessivamente ristretto di destinatari. Per evitare tale inconveniente, si suggerisce di valutare l’ipotesi di un tetto massimo alle risorse che possono essere assegnate ad ogni singola emittente”.
Ma il pezzo più scandaloso del sistema “Ammazza Emittenti” è quello relativo al dato Auditel, società privata partecipata dagli oligopolisti RAI, MEDIASET e Reti minori, le cui rilevazioni non sono validate da alcun ente certificatore. Nella prima applicazione del Regolamento, lo scandalo è che il fondo assegnato al dato di ascolto Auditel viene distribuito interamente tra quelle emittenti che lo hanno potuto ottenere negli anni passati in quanto preventivamente (forse informati) iscritti al rilevamento. In sostanza è il meccanismo della torta che la mangia interamente solo chi è seduto a tavola per cui numerose emittenti (quelle che non sapevano) non hanno potuto beneficiarne per gli anni 2016-2017 e 2018. Il risultato finale è che, per il 2016, ad esempio, Canale 21 (tv commerciale campana), ha ottenuto 619.020 euro come incentivo per i 25 dipendenti in carico. Si da il caso però che ottiene la stratosferica cifra di 640.167 euro (più del premio forza lavoro) come premio dato da Auditel. Ecco che una delle società private del “conflitto d’interessi” assumere una posizione determinante nella formazione della graduatoria per decidere la vita o la morte di ogni emittente locale. Anche in questo caso a nulla è valso il rilievo del Consiglio di Stato nell’affermare “Per le emittenti televisive, si rileva che l’articolo 6, comma 1, lettera c), in combinato disposto con la lettera b) della Tabella 1, prevede che il 10% dello stanziamento sia assegnato sulla base dei dati rilevati da Auditel nell’anno solare precedente alla presentazione della domanda. In relazione al descritto criterio, sembra di difficile applicazione il riferimento ai dati Auditel, soprattutto considerando che si tratta di sede locale, riferendosi solo ai soggetti che hanno già chiesto di aderire alla rilevazione e misurandosi comunque i contatti giornalieri senza fare riferimento alla qualità dell’informazione resa. Non sembra poi espressamente prevista l’esclusione di rilevazioni effettuate durante televendite, trasmissioni vietate ai minori o programmi di cartomanzia e simili”.
Onore al merito al Consiglio di Stato che ha voluto evidenziare come quel dato Auditel avrebbe premiato certa “tivù spazzatura” che tutti conosciamo a discapito della “buona tivù” dei programmi di “pubblica utilità” meritevole di essere sostenuta come noi della REA, soli contro tutti i Governi, da anni invano sosteniamo. Il Legislatore del Cambiamento non può non sostenere la fine di questo andazzo senza entrare in conflitto non solo con noi ma con quella parte dell’elettorato che lo sostiene.
Per dire che per salvare il salvabile della emittenza locale, gran parte distrutta dai precedenti governi del conflitto d’interessi, occorre cambiare registro nella Direzione del
Mise che, ripetiamo, la riteniamo responsabile della incresciosa situazione di crisi che non è solo crisi del mercato della pubblicità o, come si va diffamando, della incapacità delle locali a utilizzare proficuamente le frequenze. E’ il frutto di un progetto politico che viene da lontano chiamato “neoliberalesimo” che mira ad accentrare, appropriarsi di tutti i mezzi di comunicazione per meglio governare con il Pensiero unico anche a livello locale.
Nel segno del pluralismo, della massima occupazione e della qualità che non sia quella registrata da Auditel, intendiamo sottoporre al Governo le necessarie azioni sindacali per un riassetto generale del settore radiotelevisivo. Data la complessità della normativa, in particolare, sul DPR 146/17 si chiede una preventiva audizione separata dal Tavolo TV 4.0 nella quale avere la possibilità di dettagliare più di quanto non si sia potuto fare con la presente affinché quell’indegno decreto venga adeguatamente modificato. Per il Cambiamento. Sempre.
Grato per l’attenzione, porgo cordiali saluti.
Roma, 23 gennaio 2019
Prot